LA CAVEDANERA
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La prima cosa che viene spontanea guardando il disegno qui sopra, o magari osservando al lago un’imbarcazione seguita da quello strano oggetto, è quella di chiedersi come sia possibile che esso riesca a navigare affiancato e non dietro alla barca come farebbe una qualsiasi cosa trainata. Ciò è consentito, oltre che dall’ aggancio alla linea posizionato lateralmente, dalla particolare levigatura anteriore dei due pattini che fendendo l’acqua, generano nel divergente l’impossibilità di poter procedere in linea retta e giocoforza finendo per disporsi parallelo al natante, con conseguente tensionamento del cavo che verrà sfruttato per poter trainare efficacemente vari finali esca. Se il regolamento lo permette si possono tranquillamente usare due cavedanere (una per lato), quindi va da sé che ipoteticamente, se ogni attrezzo viaggerà a 50 mt di distanza dalla barca, sommate compiranno una passata di 100 mt con svariate esche, aumentando notevolmente le probabilità di catture in ambienti molto vasti. Praticamente può essere accostata alla pesca con la molagna, in questo caso fatta a galla e su di un piano orizzontale. L’ATTREZZATURA. Molte attrezzature ed accessori saranno simili od uguali a quelli utilizzati con la trotiera, quindi facendo conto che abbiate già letto il capitolo inerente ad essa, la loro trattazione sarà qui più concisa. Partiamo dal barchino, che come dice il nome stesso cavedanera, viene usato prevalentemente per la cattura del ciprinide soprattutto durante la bella stagione, quando in branchi numerosi si aggira nei pressi della riva. Ancora oggi con questo sistema si possono fare delle discrete cavedanate, ma, gira e rigira, la preda più ricercata rimane sempre la trota di lago; basta guardare durante il giorno dell’apertura sui laghi o il periodo immediatamente seguente, per rendersi conto di quante imbarcazioni incrociano con le cavedanere, superando di gran lunga il numero delle molagne. Torniamo sull’attrezzo, che come accennato in precedenza, grazie alla sua particolare idrodinamicità gli consente di procedere affiancato al natante (lato destro o sinistro), mantenendo in tensione la linea portante i braccioli. Costruito in legno e formato da due pattini (della lunghezza variabile solitamente tra i 60 e gli La trazione solitamente è proporzionale alle dimensioni, quindi un barchino più grande e di conseguenza più ‘forte’, potrà essere fatto allontanare maggiormente, tenendo la linea ben tesa e potendo supportare meglio braccioli con esche che sviluppano più attrito o piombature varie, senza contare di tenere testa senza problemi alle diverse catture; nel costruirselo od acquistarlo dovrete ponderare la robustezza delle vostre attrezzature (palo e supporti, sistema di recupero) ed anche le dimensioni della vostra barca, per non essere trainati voi.. Usando due cani uguali in rotte lineari la loro forza esercitata si contrasterà ed annullerà, a beneficio della direzionalità del natante. Altro componente insostituibile, il palo; la sua funzione principale è quella di sostenere la linea in modo che essa non vada a toccare l’acqua provocando, specialmente nella parte finale verso il divergente, fenomeni di dragaggio. Di qualsiasi materiale sia (solitamente alluminio o legno), la sua robustezza è fondamentale, perché più sarà alto, maggiore sarà la leva e la sollecitazione a cui sarà sottoposto; l’altezza solitamente varia da un minimo di 2 mt fino a raggiungere e superare i 4 mt, ciò dipende dalla distanza a cui si vuol far viaggiare la cavedanera, questo aspetto verrà poi acquisito nella pratica, quando troverete il giusto compromesso tra velocità di traina, tensione linea ecc.. Sulla sommità del palo 1-2 ganci per sostenere i travi oppure 1-2 carrucole in cui la linea (o le linee) scorrerà quando verrà ceduta o recuperata per avvicinare od allontanare il cane, e data la trazione sviluppata dal cavo questi accessori dovranno avere una buona tenuta. In commercio esistono dei pratici pali telescopici regolabili in alluminio, dotati di carrucoline e che una volta richiusi consentono di risparmiare spazio (per esempio uno a 3 segmenti, da 1,5 mt chiuso si allungherà a circa 4 mt), unico difetto il costo più elevato. Una cosa importante a cui provvedere è assicurarlo saldamente alla barca; la posizione più consigliata è al centro di essa e cercando di metterlo più ‘a piombo’ possibile, spostato maggiormente verso prua ma comunque a seconda della tipologia del natante e delle esigenze del pescatore, e per essere tenuto opportunamente dovrà venire bloccato alla base ed in un punto più in alto ad almeno 50- Diamo ora un’occhiata ai principali sistemi di recupero della linea della cavedanera, la quale andrà preferibilmente avvolta ordinatamente su di un supporto. Cominciando con la ruota che, inutile dirlo, si tratta della soluzione migliore e definitiva, dotata di freno o perlomeno di blocco, attaccata direttamente al palo (ma in alcuni casi anche sulla fiancata della barca dal lato in cui opera la montatura tramite supporti simili a quelli della molagna) permette un recupero comodo ed ordinato della linea, facilitando le operazioni di avvicinamento-allontanamento del cane; il materiale va dal solito legno all’alluminio, e se le cavedanere saranno 2, le ruote dovranno forzatamente essere altrettante. Altro sistema utilizzato consiste nell’avvolgere la linea in verticale lungo il palo tra due spinotti posti ad una distanza di una cinquantina di cm l’uno dall’altro; volendo si può anche fare a meno di sistemare il cavo su di un supporto, specie se è di diametro maggiore, lasciandolo adagiato a spire sul fondo della barca od in una cassetta come una normale corda curandosi solo di bloccarlo all’occorrenza con il solito fermo, ma poi lo si avrà tra i piedi, senza inoltre contare probabili ingarbugliamenti su se stesso. Se comunque riuscirete a procurarvi o costruirvi delle ruote giuste, abbinate magari ad un palo telescopico dotato di carrucole, vi toglierete di torno diverse complicazioni, tra cui quella di recuperare e sistemare a mano la linea, fate un po’ voi.. Per quanto riguarda la linea c’è poco da dire: un robusto cordino -ottimo anche del dacron- con carico di rottura non inferiore alle Gli attacchi sulla linea hanno la funzione di agganciare i vari finali porta esca e saranno quindi simili a quelli utilizzati sul trave della molagna, come girelle a T ecc; l’unico impedimento potrà essere dato dalla sezione maggiore del cavo, non riuscendo così ad infilarne od annodarne determinati tipi, ma qui volendo si possono usare sistemi molto più grossolani, quali anellini di catene ecc.., basta solo che non creino problemi di passaggio o srotolamento del filo nelle eventuali carrucole o ruote. La distanza tra di essi varia a seconda di come si vuol disporre i braccioli, solitamente è meglio tenerli ad intervalli di 7-8 mt, ma di questo parliamo meglio ora analizzando i nostri terminali esca. I braccioli della cavedanera, come gli attacchi, sono pressochè uguali a quelli usati nella molagna (moschettone a sgancio rapido da un’estremità, esca dall’altra), ma qui saranno mediamente più lunghi, in alcuni casi fino ad una cinquantina di metri, e si potrebbe quindi intervallarli con delle girelle; la loro lunghezza, anche se non obbligatoriamente, sarà a scalare verso il divergente, ovviamente il finale più lungo sarà quello vicino alla barca, e non solo per tenerlo più lontano da essa, ma anche perché trovandosi sull’aggancio più vicino al palo il filo di conseguenza viaggerà un bel po’ fuori dall’acqua, con il rischio di impedire all’artificiale di immergersi adeguatamente e di strisciare in superficie, specie se si utilizzano esche leggere come gli ondulanti da trotiera. Oppure, se non si vuole avere terminali eccessivamente lunghi, ma sopratutto esplorare fasce d’acqua diverse, il bracciolo potrà anche essere piombato mediante grammature solitamente comprese da 5 ad oltre 30 gr., (utili sono i piombi a cappuccio intercambiabili da fissare a non meno di 4-5 mt dall’esca o diversamente ricorrendo ad una serie di piccole olivette distribuite lungo il tratto finale del bracciolo), qui ovviamente bisognerà fare conto sul tiro della cavedanera perché genereranno più resistenza, le prove andranno effettuate sull’acqua, con il barchino che non dovrà rimanere troppo indietro o la linea eccessivamente spanciata. La distanza tra di essi dovrà fare in modo che nelle curve non vadano a toccarsi (con piombature differenti su ognuno si correranno meno rischi), oltre ad avere un margine in caso di catture ‘allegre’ che tirano a destra e sinistra con il pericolo di agganciare altri terminali, in ogni caso solitamente si parte da un minimo di 6-7 mt; è ovvio che più tale distanza verrà aumentata, più linea fuori ci vorrà per attaccare i vari braccioli, e qui sta a voi scegliere se allontanare di più il cane oppure mettere meno finali.. Controllate sempre il regolamento perché oltre al numero massimo di esche consentito, ci potrebbero essere particolari limitazioni anche per la distanza barca-cavedanera; come già detto nel caso della molagna, braccioli più ravvicinati sono utili per pesci imbrancati e catture multiple, più lontani per esplorare zone ampie. clicca
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Volendo si potrà trainare un finale attaccandolo direttamente sul divergente, ma quando abboccherà una preda bisognerà tirare in barca anche l’attrezzo per poterla recuperare, se invece il primo attacco sarà a 4-5 mt il barchino rimarrà sempre in acqua rendendo tutto più comodo. Per quanto riguarda il diametro (intendendo solo gli ultimi 4-5 mt verso l’esca, il resto potrà essere decisamente maggiorato) esso sarà variabile in funzione del tipo di preda insidiata, per la trota sarà bene utilizzare lenze non inferiori allo 0.25- Per quanto riguarda le esche, pescando a cavedanera si ha una vasta scelta, oltre agli efficacissimi cucchiai leggeri da traina si possono utilizzare anche svariati artificiali adatti allo spinning. I migliori sicuramente sono i minnows, quelli con la palettina sia galleggianti che affondanti, hanno il vantaggio di poter immergersi senza dover essere piombati per forza, ma anche i senza paletta o i classici ondulanti da lancio dotati di un discreto peso specifico lavoreranno molto bene; gli artificiali più leggeri andranno provati ed eventualmente piombato il terminale. Come detto per la molagna le colorazioni, visto che stiamo pescando su di un grande e limpido lago, andranno più che bene naturali. E ricordatevi sempre la robustezza di ancorine, anellini ecc.. Il vivo è micidiale, ma andrà trainato a velocità inferiori -1,5 nodi max- per consentire al pesciolino di nuotare correttamente e durare più a lungo; va comunque detto che il barchino, sopratutto in presenza di onde, generalmente naviga meglio e riesce a tenere il cavo ben teso ad andature più sostenute. (clicca qui per maggiori info sul vivo) LA PESCA. Partiamo col dire che, l’importantissima gestione in barca-messa in acqua-recupero dei braccioli porta esca, è identica a quella descritta nel capitolo molagna (la pesca), quindi per non ripetere due volte le stesse cose, in caso non abbiate ancora letto vi rimando assolutamente ad approfondire in tale sezione; ovviamente a cavedanera si useranno solo tavolette, aspi -da scartare quelli leggeri in plastica per terminali oltre i 15 mt- e ruote di recupero supplementari, su alcuni tipi di trotiera si potranno anche avvolgere direttamente su di essa; e tenete presente che l’utilizzo di ruote di recupero per avvolgere i braccioli (foto), qui solitamente più lunghi, così come pali telescopici o fissi con sistema tipo 'alzabandiera' abbinati a ruote per avvolgere la linea ed avvicinare-allontanare i barchini, renderanno le operazioni molto più facili e scorrevoli oltre che rapide, anche se comunque, qualsiasi siano le attrezzature od i metodi usati, i principi sono sempre gli stessi. Dopo tale premessa passiamo ad analizzare le varie fasi per mettere in funzione i cani ed i vari terminali. Una volta sistemato il palo e preparato per bene tutta l’attrezzatura, operazioni meglio da eseguire prima di salpare, la prima cosa da fare è agganciare il divergente alla linea madre -solitamente si usa un grosso moschettone- appoggiandolo in acqua (non lanciatelo come se fosse un salvagente!) a fianco dell’imbarcazione in movimento; si comincerà quindi a cedere filo lasciando allontanare l'attrezzo lentamente, fino all'uscita del primo attacco. Dopodichè, con la ruota o l'aspo, si filerà in acqua il relativo terminale (meglio se tenendo l'artificiale sempre in moto o perlomeno il filo in tiro) e una volta steso completamente lo si collegherà alla linea, si procederà così di nuovo ad allontanare il divergente fino all'arrivo del secondo attacco, si srotolerà ed aggancerà un altro bracciolo e via via gli altri fino a che non si sono messe in acqua tutte le esche o raggiunta la distanza voluta della cavedanera. Se si possiede un attacco direttamente sul cane e si desidera utilizzarlo, bisognerà prima svolgere il suo terminale, dopodichè lo si aggancierà al barchino e si metterà in acqua il tutto; volendo pescare con due cavedanere si potrà filarle interamente prima una e poi l'altra, od anche contemporaneamente, alternando un bracciolo a destra ed uno a sinistra. Per recuperare la montatura basterà fare l'opposto, avvicinando il divergente, sganciando e riavvolgendo uno alla volta tutti i terminali. Con barchini di generose dimensioni che oppongono particolare resistenza al richiamo si potrà arrestare l'imbarcazione per agevolare il recupero, oppure mettere momentaneamente in folle il motore durante il riavvolgimento del trave ripartendo all'arrivo di ogni bracciolo per mantenere più stesa ed ordinata la lenza; in caso di catture sarà bene invece tenere in movimento la barca per evitare allentamenti del filo rischiando di perdere la preda. Visto che per applicare o togliere i terminali dalla linea essa verrà chiaramente tenuta bassa a portata di mano, per issarla od abbassarla si utilizzerà il palo telescopico, oppure, se fisso e molto alto, adottando un sistema ad alzabandiera o similari; in assenza di tale ausilio e ruote di recupero per la linea, essa andrà tenuta fin dall'inizio legata in cima al palo lasciandola andare su una volta stesa tutta la montatura, applicando preventivamente su di essa un cordino ad un paio di metri dall'albero collegato al bordo della barca da utilizzare per abbassare la linea quando serve o in alternativa servendosi direttamente di un rampino per arrivare a prendere il cavo. Qualcuno per comodità pesca con pali alti un paio di metri o addirittura senza l'ausilio dell'albero, attaccando semplicemente il trave al bordo della barca e facendolo viaggiare basso sull'acqua. Come per il discorso trotiera, le rotte da tenere dovranno essere più regolari e lineari possibili con curve ad ampio raggio, bandite le inversioni di marcia strette. In traina i cani hanno un comportamento diverso a seconda del senso della virata: girando dalla parte opposta ad un barchino esso aumenterà la sua velocità per riportarsi affiancato al natante, qui l’inconveniente potrebbe essere dato dall’avvicinarsi ed intersecarsi dei braccioli, con l’esperienza troverete il giusto rapporto tra distanza dei finali e curvatura della rotta. Girando invece verso il divergente, la linea si allenterà causandone il rallentamento o l’arresto fino a quando la barca non riprenderà a navigare dritta; ciò ovviamente potrà far si che le esche, se sono piombate od affondanti, vadano ad impigliarsi sul fondo con conseguenti arresti forzati e probabili grovigli, oltre che a lunghe perdite di tempo; nel caso non vi siano problemi di incagli, curve eccessivamente strette potranno comunque portare all’intersecamento dei terminali, ancora una volta con l’esperienza sull’acqua vi regolerete sulla durata e l’ampiezza delle sterzate in modo che non causino problemi alla montatura. Per ovviare all’inconveniente degli arresti del divergente si potrà anche, durante la manovra, recuperare un poco la linea per tenerla più in tiro possibile e continuare a mantenere in movimento il barchino; se lo spazio non permetterà inversioni in pesca allora dovrete recuperare il cane e rimetterlo in acqua una volta effettuata la virata. Avvicinandovi a riva calcolate e fatevi bene l’occhio con i vari ostacoli, quali pali, boe, imbarcazioni all’ancora ecc.., oltre ad immaginare la presenza di cavi subacquei di legatura a barche e boe, secche o fondali troppo bassi, qui la conoscenza delle acque diventa fondamentale, ed ovviamente anche per catturare.. Dovrete avere a mente le varie zone migliori dove girano i pesci in base alle stagioni, con il caldo i cavedani si muoveranno nei pressi della riva, sbocchi di fiumi e fiumetti, porti, porticcioli, muraglioni di ville con fronde di alberi pendenti sull’acqua, senza contare gli scarichi nei pressi di abitati.. (maggiori info sulla traina nel sottoriva) Specialmente in primavera od in autunno (occhio ai divieti, in certi periodi la cavedanera -così come la trotiera- è vietata, senza contare che non sempre è consentito navigare parallelamente alla sponda al di sotto di una certa distanza), accostando a riva si potranno allamare persici e lucci, oltre a rare visite di bass e sandre. Nella stagione fredda la preda maggiormente insidiabile rimane la trota lacustre, qui potrete sbizzarrirvi con rotte che variano dalla riva al largo, come ho parlato nel capitolo molagna però le zone migliori sono quasi sempre localizzate in punti precisi, a voi scoprire dove.. L’abilità sta inoltre nel capire se far viaggiare le esche a galla o più sotto mediante piombature, in ogni caso si potrà tenerne alcune a diverse quote. L’abboccata sarà segnalata dal movimento della pallina colorata che evidenzierà meglio le tirate sul bracciolo e la piega anomala del trave, oppure da salti o scie in superficie del pesce; le dimensioni del cane fanno la differenza, uno di generose dimensioni farà sì che la linea rimanga ben tesa contrastando la preda in maniera efficace e senza perdere movimento, a fine pesca non è raro recuperare un terminale con attaccato un pesce di cui non avevamo nemmeno avvertito la mangiata. Con una cavedanera di piccole dimensioni o una preda di taglia esagerata le abboccate si faranno notare eccome, spesso trascinando tutto e causando grovigli, ma per portare in barca una belva (indispensabile un buon guadino a maglie larghe od un raffio) affrontare qualche sacrificio può valerne la pena.. Per arrivare prima al bracciolo fortunato si potrebbe, se si dispongono altri attacchi liberi sulla linea del divergente opposto, agganciare momentaneamente gli altri finali, evitando di doverli recuperare perdendo tempo prezioso; la 'coda' con agganciato un pesce potrà essere recuperata manualmente e senza staccarla dal trave, lasciandola momentaneamente adagiata sul fondo dell'imbarcazione. Un problema che può sorgere frequentemente pescando a galla, è la possibilità di raccogliere sporcizia quale alghe e rami vaganti, soprattutto nei periodi seguenti a piene o venti forti; avere attaccato qualcosa di estraneo sull’artificiale praticamente invalida le possibilità di cattura, quindi sarebbe meglio ogni tanto controllare recuperando i terminali, ed ecco che ancora una volta l’attrezzatura e l’automatismo giusto hanno un ruolo determinante per compiere l’operazione velocemente. Se delle volte è direttamente l’esca ad intercettare sporcizia, moltissime volte succede che una volta incrociato un bracciolo, essa venga portata fino all’artificiale scorrendo direttamente sul nylon, per ovviare all’inconveniente si potrebbe per esempio mettere ad una distanza di 4-5 mt un gancetto ferma alghe fatto con un’olivetta di piombo tenero da 2- Se nello spinning si avrà il vantaggio di poter manovrare gli artificiali a nostro piacimento, per esempio con maliziosi colpetti di canna che fanno compire a pesciolini od ondulanti scarti molto adescanti, nella pesca a traina -tirlindana manuale a parte- ciò solitamente non è possibile, ci si dovrà accontentare del movimento rettilineo e costante dell’artificiale, tuttavia le esche a nostra disposizione hanno movimenti perfetti e sufficienti a provocare l’attacco da parte del pesce, importanti saranno velocità e profondità di lavoro giuste; volendo far compiere agli artificiali improvvise accelerazioni, utilizzando trotiera e cavedanera, senza ricorrere continuamente alla manetta dell’acceleratore (cosa che mi sembra un po’ improbabile), si potrebbe sfruttare la manovella nella prima, le sterzate o le ruote di recupero della linea nella seconda facendo rallentare ed accelerare il divergente, ma io dico che senza stare troppo a dannarsi, ci si può affidare ad una buona e regolare passata guidando con costanza e precisione l’imbarcazione. |
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