APPROFONDIMENTI
In
questa sezione vengono riportati, in forma di
domande e risposte, alcuni rapidi approfondimenti inerenti agli
argomenti
trattati nel sito; come già saprete od intuito leggendo nei
vari
capitoli, si tratta di una pesca in cui, sopratutto per quanto concerne
l'attrezzatura e l'aspetto organizzativo, ingegno, personalizzazioni e
"fai da te" sono basilari, naturale quindi vedere spesso tra pescatori
metodi ed attrezzi leggermente differenti.
Imbarcazioni e laghi
E’
possibile praticare queste tecniche con una
Canadian 370
in
alluminio o similari?
Possibile
è possibile, ma non è di sicuro il tipo
di imbarcazione più adatto per pescare comodamente con
questi sistemi ed
affrontare certi ambienti in sicurezza; passando invece da una 370 ad
una 430-440
(nella foto un modello da 4,4 mt del peso di 170 Kg) a sponde
alte sempre in
alluminio la differenza, nonostante non si tratti ancora del top per la
traina
in un grande lago, è notevole. Queste barche, se dotate di
piano di calpestio,
possono essere già considerate la “base”
per riuscire a pescare con molagna e
cavedanera decentemente e nelle tecniche da fermi permettono di stare
in piedi
e lanciare anche in due senza problemi; hanno il vantaggio di poter
essere
trasportate e scaricate facilmente da un carrello operando anche da
soli, lo
stesso dicasi per le versioni sui 5 mt (che in alcuni casi pesano oltre
2 qli.),
ancora più spaziose e comode. Spesso tra due imbarcazioni
identiche conta molto e fa la differenza il tipo di allestimento, un
"pacchetto" con piano
di calpestio e disposizione delle panche (2 gavoni laterali al posto
della panca centrale) che permettono di muoversi
agevolmente all'interno della barca senza scavalcare, è
senz'altro il più indicato. |
Come
scegliere la potenza adeguata del motore?
Per
ottenere la velocità di traina giusta bisogna
montare un motore proporzionato al tipo di imbarcazione, ma in gioco
entrano
alcuni fattori quali variabilità di carico dovuto agli
occupanti (soprattutto su
barche più piccole), e diverse velocità di traina
a seconda di esche utilizzate
e prede insidiate. Mediamente alle classiche lance da lago in legno o
vetroresina sui 6 mt solitamente vengono applicati motori da 15-25 cv,
su
barche da 4.5-5 mt pesanti tra 1.5-3 qli. 10-15 cv, per scendere a 4-8
cv
montati su delle quattro metri che si aggirano sul quintale. Per
rallentare
l’andatura ci si potrà arrangiare trascinando
ancore galleggianti o secchi, su
diversi motori entrobordo invece si ha la fortuna di poter montare un
particolare dispositivo (trolling valve) che riduce
l’andatura al minimo senza
variare il numero di giri, ma qui stiamo già parlando di
imbarcazioni di classi
e dimensioni superiori, decisamente eccessive per la piccola traina in
lago.
Prima di spendere soldi per l’acquisto di un fuoribordo
inadeguato, è buona
cosa informarsi chiedendo consiglio a chi magari possiede una barca
simile alla
nostra e la usa per andare a pesca, su molti forum dedicati alla
nautica od
alla pesca spesso si trovano risposte molto esaurienti. |
Il
motore elettrico può essere impiegato come
ausiliario per la traina?
L’elettrico
ha il vantaggio, oltre quello di essere
silenzioso e pulito, di poter ottenere velocità bassissime e
modulabili,
rendendolo adatto in particolar modo alla traina con il vivo e venendo
spesso
utilizzato per insidiare il luccio con andature da 0.5 nodi o poco
più. Come
per il motore a scoppio anch’esso andrà scelto con
una spinta adatta
all’imbarcazione (va sottolineato che questo tipo di
propulsione viene adottata
più frequentemente su barche di dimensioni medio-piccole),
logico che più sarà
potente più scaricherà velocemente le batterie,
per esempio utilizzandone uno
da 50 Ah di assorbimento massimo orario, con una batteria da 100 Ah
avrà circa
2 ore di autonomia a pieno regime, andando più lentamente e
consumando 25 Ah,
si salirà a 4 ore e così via.. Quasi obbligatoria
la scelta di batterie a
scarica lenta, molto più costanti e longeve ai cicli di
ricarica. |
Nella navigazione
da diporto in acque interne ci sono regole e norme da rispettare?
Assolutamente
sì, bisognerà attenersi alle norme
diportistiche quali, tra le più importanti, dotazioni di
sicurezza obbligatorie da tenere a
bordo (che variano principalmente a seconda della distanza di
navigazone dalla costa e dal tipo di imbarcazione), documenti (polizza
assicurazione e
dichiarazione potenza
motore, patente nautica quando prescritta ecc..), nonchè
rispetto di precedenze
di rotta con altre unità (vele, barche adibite a pesca
professionale, battelli di linea e mezzi di soccorso in primis),
distanze di navigazione parallela alla sponda e relative
velocità
consentite. |
Quando
e come si capisce che le onde rendono
impraticabile la traina?
E
qui entriamo in un campo minato, dare indicazioni
precise sarebbe un po’ arduo..
Come spiegato nel
capitolo sull’imbarcazione, più o meno tutto
dipende dal tipo di natante
(dimensioni, peso e forma dello scafo) e dal conducente (esperienza,
manico).
Trainare in presenza di onde in molte situazioni può essere
produttivo per il
fatto che in superficie le prede potranno scorgere meno facilmente
l’inganno
dell’esca, le oscillazioni ed i rallentamenti della barca
“regaleranno” dei
benefici movimenti irregolari agli artificiali ecc.., ma è
logico che se il
lago è mosso a tal punto da rendere difficile la navigazione
e l’imbarcazione
troppo instabile e ballerina, è inutile fare i temerari, si
passerà solo del
tempo pescando male e con difficoltà, in fondo si esce
soprattutto per
rilassarsi e divertirsi, no? A grandi linee si può dire che
su un bacino di
grandi dimensioni con barche medio-piccole (4-4.5 mt) il primo
“campanello”
d’allarme può essere l’inizio della
formazione delle cosiddette “onde bianche”
(quelle alte abbastanza da produrre schiume). Quando siamo a pesca ed
improvvisamente si levano raffiche di vento forti ed insistenti (in
certi
ambienti per un natante leggero 10 nodi sono già un
problema), non esitiamo a tornare subito a riva,
il lago inizierà a muoversi ben presto.. |
Molagna
Per
iniziare la pesca a molagna conviene procurarsi
subito una ruota con corsia separata per braccioli esca e linea madre?
Questo
sistema sicuramente agevola e velocizza
le
operazioni di calata e recupero dei
braccioli, ma richiede -a meno che non si disponga della ruota con
sblocco e rotazione
indipendente delle corsie- anche una certa pratica;
usare supporti a
parte come
la ruota supplementare od aspi e tavolette, rende il tutto
più semplice ed intuitivo,
la cosa più sensata quando si è agli
inizi è di provare con metodi
ed attrezzi meno impegnativi come quelli appena menzionati (nella foto
addirittura un semplice -anche se un po' scomodo- telaietto porta
montature), comunque
molto
validi ed utilizzati dalla quasi totalità dei pescatori.
E’ ovvio poi che, anche
possedendo la trotiera a doppia corsia, nessuno vieti di recuperare
separatamente dalla ruota i terminali, semmai con un attrezzo del
genere si
avrà la facoltà
di disporre di un sistema di avvolgimento in più. |
Quanti
braccioli porta esche è meglio utilizzare in
pesca?
Il
numero massimo di braccioli, regolamenti a
parte, sarà in base alla lunghezza degli stessi,
all’ambiente in cui stiamo
trainando ed ai mezzi e alle capacità del pescatore.
Solitamente si parte da un
minimo di 3-4 per arrivare fino ad una dozzina, come detto molto
dipende anche dallo
spazio e dalla profondità a disposizione, in ambienti
ristretti e meno profondi
sarà meglio utilizzare montature più corte per
poter manovrare con più
tranquillità; se non ci saranno problemi di questo genere,
con sistemi di
avvolgimento per i braccioli validi si potranno tenere lenze di oltre
100 mt
con una decina di terminali da 9-10 mt. E’ logico che con
più esche in acqua le
probabilità di cattura aumentano, ma bisogna tenere presente
che se una preda
attaccherà su uno degli artificiali vicini al piombo,
bisognerà “armeggiare”
parecchio prima di portarla a tiro di guadino, quindi sempre meglio non
eccedere troppo.. |
Dovendo
pescare su fondali di 30-40 mt che tipo
di montatura è consigliabile?
Si
possono utilizzare indifferentemente sia una pesante che una
più
leggera: la prima con zavorre da circa 1.2-1.5 kg con il trave a
lavorare in verticale sotto l'imbarcazione, con 30-40 mt di lenza fuori
ed adottando braccioli da 5 mt ogni 5-5.5 mt (si può mettere
il
primo più corto -sui 3 mt- a 1,5-2 mt dal piombo) per un
totale
di 5-6 esche in acqua; la seconda con pesi da 5-6 etti (ma comunque
variabile a seconda della velocità di traina), 70-80 mt di
lenza fuori e 5-6 braccioli da 9-10 mt. La prima montatura
genererà una maggiore trazione sulla ruota e l'imbarcazione,
la
seconda "tirerà" meno e coprirà un raggio
d'azione
più ampio, ma avrà lo svantaggio del trave e dei
terminali più lunghi da calare e recuperare, senza contare
che
in caso di fermata o diminuzione eccessiva della velocità di
traina dovuta magari ad una curvatura inadeguata della rotta, il
piombo cadendo rischierà di andare a toccare il fondale. |
Qual’è
la velocità di traina adatta per la molagna?
Principalmente
dipende dal tipo di esca utilizzata
e dalla preda insidiata, gli ondulanti leggeri si muovono
già bene a velocità
intorno a 1.5 nodi, mentre se si utilizza la montatura con i
silurotti galleggianti e minnows in superficie, si può salire a 2-2.5
(anche in questo caso
dipende dal tipo di pesciolino usato); soprattutto con la trota, sia
che si
utilizzi il piombo guardiano e gli ondulanti, che galleggianti e
minnows, volendo
si può arrivare fino a 3 nodi, e, a meno di non usare
dei piombi molto
pesanti, più aumenta la velocità di traina,
più il trave si distenderà facendo
lavorare la montatura a profondità minori ed avvicinare le
esche alla lenza
madre. Come già detto il vivo andrà invece
trainato molto lentamente (1-1.5
nodi) per consentire al pesciolino di nuotare correttamente e durare
più a
lungo. |
E’ importante
fare in modo che le esche non viaggino
troppo vicine al trave?
Sicuramente
è un fattore che non va sottovalutato,
molte volte capita, oltre che di montare piombi troppo leggeri, di
aumentare la
velocità di traina o di filare fuori troppi metri di lenza
senza controllare
l’angolo d’incidenza che il trave assume in acqua;
con una montatura troppo
distesa orizzontalmente si finirà, anche con terminali
lunghi, di far viaggiare
l’esca ad un metro o poco più sopra la linea, che
essendo magari in acciaio e
di grosso diametro, verrà facilmente scorta dalla preda
potendo
causarne il rifiuto. Il discorso è valido anche per il
sistema con silurotti
galleggianti, mantenere l’artificiale un poco staccato dal
trave male non farà,
in questo caso intervenendo sulla piombatura del bracciolo (peso e
distanza
dall’attacco sulla linea). |
Il trave
può essere costruito in nylon nel tratto recante gli
attacchi per i braccioli?
Il
nylon ha il pregio, anche se di grosso diametro, di essere molto
meno visibile rispetto ad acciaio rame e trecciato, ma possiede
un'elasticità elevata che ne sconsiglia l'uso in questa pesca
per
finali di lenza superiori ai 30 mt. Spesso a molagna si utilizzano
anche una dozzina di braccioli da 8-10 mt, che si traducono in collane
di esche da un centinaio di metri ed oltre, rendendo necessario
l'utilizzo di materiali privi di elasticità. |
Come
comportarsi in caso di abboccata di una grossa preda e
conseguente difficoltà a recuperare la lenza?
Innanzitutto
la frizione dovrà essere tarata in
maniera da evitare la rottura del terminale e all'opposto lo
slittamento inutile ed
eccessivo del mulinello; per poter guadagnare o non perdere troppi
metri di
linea, si potrà procedere, se possibile, curvando la rotta
dell’imbarcazione
(meglio allontanandosi da riva e comunque non esagerando nel chiudere
la
sterzata), alleviando così la trazione e permettendo di
recuperare più
facilmente la lenza, non è infrequente prima di concludere
con successo
l’operazione di dover girare in
tondo per diverso tempo.. Utilizzando una montatura tipo tirlindana con
un solo artificiale in fondo alla lenza, classico nella ricerca del
luccio lungo la corona lacuale, una volta lasciate le zone pericolose
a ridosso della riva e trovandosi in acque aperte, si potrà
arrestare il natante per ultimare il recupero con più
tranquillità. |
Cosa fare in caso
di incaglio?
Ovviamente
la cosa più sensata è quella di fermare
l'imbarcazione e di portarsi, in retromarcia e senza girarsi (meglio se
tenendo in tensione la lenza), sopra il piombo per cercare di
liberarlo; una volta disincagliato si procederà a
riavvolgere
velocemente la linea e rimettere in movimento la barca, recuperando
tutta la montatura per controllare se i braccioli cadendo si siano
impigliati sul trave. Con montature lunghe che lavorano in diagonale,
è capitato di riuscire a liberare il
piombo senza fermare l'imbarcazione, ma curvando e disegnando un ampio
semicerchio con la lenza tenuta tesa, invertendo così la
rotta
ed andando a tirare il piombo dalla parte opposta dell'incaglio.
Durante la traina se abbiamo il sospetto di stare iniziando ad arare il
fondale (strappetti anomali sull'antenna o slittamento della frizione),
sarà opportuno recuperare velocemente ed aumentare anche la
velocità del natante, allontanandosi gradualmente dalla riva. |
Cavedanera
Come
si mettono in pesca i barchini utilizzando un palo fisso alto privo di
ruota e sistemi tipo “alzabandiera”?
Operando
in questo modo bisognerà tenere
un’estremità della linea (meglio se di diametro
maggiorato
per avere meno
problemi di ingarbugliamenti) già attaccata in cima all'albero,
mentre il rimanente
adagiata sul fondo dell’imbarcazione o avvolta lungo il palo
stesso tramite due spinotti ad L distanziati una cinquantina di cm
l'uno dall'altro; agganciato il barchino
si
filerà in acqua
a mano la montatura tenendo il trave basso e bloccandolo, ogni volta
che si
deve agganciare un bracciolo, su di un fermo posto sul palo. Una volta
stesa tutta la linea la si lascierà
andare su, e per riabbassarla
nuovamente, ci si servirà di un cordino di richiamo legato
sul
trave a 2-2.5 mt dalla cima
dell’albero e tenuto collegato al bordo
dell’imbarcazione,
recuperando poi la cavedanera a mano e
fissando il cavo, quando si dovrà sganciare e riavvolgere un
bracciolo, sul
solito fermo posto sul palo. |
Qual
è l’altezza ideale del palo?
3-4
mt sono la misura standard, quelli più alti, sui 5-6 mt e per
imbarcazioni idonee, generalmente sono consigliabili qualora la
montatura venga fatta allontanare maggiormente. In ogni caso
volendo è
possibile adoperare pali anche da 2 mt, basta solo che la linea non
vada a
toccare l’acqua nella parte finale verso il divergente, specie
utilizzando barchini piccoli e con tensione più debole sul
trave, in quel caso
andranno tenuti più
vicini alla barca od aumentata la velocità di traina. |
E' possibile
pescare senza l'ausilio del palo?
Anche
se la pesca con il barchino sui laghi viene tradizionalmente
praticata tenendo sollevato il trave con il palo, è comunque
possibile farlo viaggiare basso sull'acqua lasciandolo semplicemente
agganciato al bordo dell'imbarcazione (o, meglio ancora, in
collegamento con una ruota di recupero girevole sul proprio asse come
quelle utilizzate per le cavedanere affondanti), ma a patto che il
divergente abbia un tiro in grado di tenere la linea ben tesa. Sui
nostri mari è molto diffusa ed apprezzata la traina con il
barchino tenuto a mano camminando dalla spiaggia, svolgendo e
riavvolgendo trave e relativi braccioli esca -qui mediamente
più
corti e con esche solitamente leggere o galleggianti per evitare
continui incagli nelle bassure- da una semplice spoletta artigianale in
legno.. |
A
quale distanza dall’ imbarcazione può essere
fatto navigare il divergente?
In
linea generale più il barchino è grande ed il
palo alto (ma conta anche una maggior velocità di traina), più potrà essere fatto allontanare;
diciamo che 50 mt per lato
come limite massimo sono più che sufficienti, permettono di tenere 5-6 braccioli
distanziati tra
loro 7-8 mt e di poter scorgere le abboccate sulle esche più
lontane. E’ ovvio
che, trainando in spazi più ristretti o in presenza di
traffico (altre barche
in pesca con i cani per esempio), automaticamente si spera il
buonsenso farà
diminuire il raggio d’azione della montatura, evitando di
creare problemi. |
Quale
è la velocità di traina adatta per la
cavedanera?
Come
sopra detto per la trotiera, in base al tipo
di esca e preda utilizzata: 1.5 nodi con il vivo (solitamente
però il barchino
funziona meglio ad andature superiori), ondulanti leggeri e minnows a
partire
da 2 fino a 3-3.5 nodi; specialmente durante la stagione primaverile,
spesso
le trote attaccano artificiali che “filano” in
acqua a velocità anche di 5
nodi. |
Come è
costruito un bracciolo porta esca?
Un
esempio di terminale tra i più semplici e comuni, partendo
dall'esca:
1- moschettone con o senza girella (dipende dal tipo di esca) per agganciare l'artificiale.
2- tratto finale in nylon da 5 a 10 mt del diametro idoneo alla preda
insidiata.
3- girella.
4- rimanente tratto in filo maggiorato rispetto al finale; per esempio,
con un bracciolo ipoteticamente lungo 30 mt, utilizzando 5 mt da 0.28
sull'esca, con i restanti 25 mt si potrà salire ad uno 0.40
per completare il tutto.
5- moschettone a sgancio rapido con girella per collegare il terminale
al trave della cavedanera.
Se il bracciolo sarà particolarmente lungo, volendo si
potrà intervallarlo con qualche girella in più.
L'eventuale piombatura se raggrupata andrà sistemata sul filo
più grosso
al di sopra della girella (vedere anche foto in capitolo cavedanera) ad
una distanza variabile tra i 5 ed i 10 mt
dall'esca.
Per quanto riguarda il segnalatore di abboccata, se sarà di
dimensioni idonee da poter essere avvolto nel supporto
assieme al
relativo bracciolo, andrà bene fissato sullo stesso ad una
spanna dal trave; al contrario, ad esempio con una classica pallina
colorata da 3-4 cm, bisognerà sganciarlo dal bracciolo,
quindi
anch'esso dovrà possedere sistemi di aggancio idonei
(moschettone rapido per il trave davanti e girella per il bracciolo
dietro). |
Quale tipo di legno
è più adatto per la costruzione di un barchino?
Multistrato
marino ed abete -per quest'ultimo da scartare le tavole
incollate tra loro- sono due ottimi materiali; il primo, molto
utilizzato in nautica per via della sua grande resistenza all'acqua ed
all'umidità, possiede un peso specifico superiore rispetto
al
secondo, che per via della sua porosità risulterà
più leggero e tenderà ad assorbire maggiormente
acqua,
dovendo essere trattato accuratamente con prodotti adatti. L'abete,
essendo più tenero, ha il vantaggio di poter essere lavorato
più facilmente. |
Cosa fare in caso
di lago "sporco"?
Ben
poco, se qualche sporadico banco galleggiante di detriti vegetali
non crea eccessivi problemi, quando invece il lago ha subito un
consistente innalzamento idrometrico o è stato spazzato da
venti
forti, ci sarà sicuramente sul campo parecchia sporcizia,
arrivata sia da immissari in piena che quella già
presente sulle sponde e riportata in acqua dall'aumento di livello del
lago o dalle onde battenti la riva; se i sistemi antialga (protezione
sugli ami o gancetti ferma alghe a monte dell'esca) possono andare
bene per qualche pezzo di alga o rametto vagante, la presenza
esagerata di rami, pezzi di legno o densi agglomerati di "porcherie"
varie, renderà impossibile la pesca, e, se si vuol
continuare, o si trovano delle zone
pulite oppure si cambia sistema provando per esempio a molagna
o con
la cavedanera affondante. |
Pesci ed artificiali
Quali
sono le dimensioni ideali degli artificiali
per la trota lacustre?
Per
quanto riguarda gli ondulanti leggeri sulla
molagna misure intorno ai 6-7 cm sono lo standard,
salendo intorno ai 9-10 se si ha
l’intenzione di fare la festa a qualche
“regina”. A cavedanera, come detto
nella sezione dedicata, si potranno utilizzare svariate tipologie di
artificiali, ecco una carrellata di alcuni tra i più comuni:
Rapala original
7-9-11
cm
Rapala jointed 7-9 cm
Real winner senza paletta 7-10 cm
Filibustieri modello
sia piccolo che grande
Abu toby 12-15 gr
Ilba dentex 1-2
Oltre alla lunghezza
conta molto anche il “volume”, uno svolazzante
ondulante da traina da 9 cm in acqua sembrerà
un
boccone molto più consistente rispetto per esempio ad un
Rapala original di
pari lunghezza (foto); gli artificiali più pesanti e
compatti (vedi Real winner 10 cm, Abu
toby ecc..)
andranno trainati a velocità leggermente superiori rispetto
ad altri più
leggeri e “plastici” (Rapala snodato galleggiante,
flat rap, ondulanti leggeri
da molagna). Dedicandosi alla caccia grossa, nella maggior parte delle
situazioni è consigliabile aumentare le dimensioni delle
esche, se qualcuno
temendo di esagerare si fossilizza sui soliti 5 cm,
tenga presente che
trotelle da 30
cm
o poco più attaccano senza problemi Rapala original da 11 cm. |
Quali
sono le colorazioni più adatte delle esche?
Pescando
in acque cristalline come quelle di un
grande lago prealpino le colorazioni naturali tendenti al bianco,
argento o dorato
sono sempre ben gradite ai pesci, soprattutto ai più
smaliziati; per quanto
riguarda le esche metalliche (ondulanti), quando si pesca in condizioni
di
forte luce e in strati più superficiali,
dall’argento si può passare al oro o
rame che emettono bagliori più tenui e realistici, un buon
compromesso sono cucchiai
bi-tonalità (argento da un lato, dorato o ramato
dall’altro). Eccellenti gli
ondulanti in madreperla, che però hanno dei costi
“amatoriali”.. |
Per catturare di
più conviene utilizzare finali esca il più
sottili possibile?
Sarà
anche vero che "meno il filo si vede meglio è",
però, visto il tipo di pesca che viene effettuata in
costante
movimento anche in caso di cattura e le potenziali prede,
sarà
bene andare sempre sul sicuro con diametri più che adeguati
alla
situazione (vedi capitoli molagna e cavedanera) ed utilizzando sempre
fili "super". E' sicuramente meglio qualche possibile cattura in meno
dovuta ad un nylon più grosso, che, con uno troppo sottile,
dover ogni volta dannarsi per tirare in barca una preda, o peggio
ancora, rompere e lasciare in giro pesci con degli ami piantati in
bocca. |
L'importanza dei nodi.
Ricordarsi ogni tanto di dare una controllata e
riannodare i braccioli nei punti di giunzione (girelle, moschettoni ecc..),
specie se si utilizzano diametri non troppo elevati, è una buona cosa; il nylon
con il tempo è soggetto ad invecchiamento ed indebolimento, e se il nodo
rappresenta sicuramente un punto debole (in particolar modo dopo un
combattimento al limite della rottura), anche il terminale va comunque tenuto
d’occhio e di quando in quando rifatto completamente. Inutile dire che il nodo
andrà scelto di tipo idoneo ed eseguito con cura, ciò garantisce una tenuta con
valori prossimi al 100% del carico di rottura dichiarato; è assurdo spendere dei soldi in
più per avere un filo super che tiene tot kg, per poi perdere anche il 30% di
tenuta dopo averlo annodato a casaccio.. |
I braccioli esca vanno messi in acqua il più
velocemente possibile?
Per
velocizzare le operazioni di calata della montatura -specie a
cavedanera con terminali lunghi- nessuno vieta di srotolare
velocemente il nylon dai supporti, ma il filo allentato farà
cadere o fermare
l'artificiale che perderà la sua efficacia e, anche
nell'eventualità di un'abboccata -non sono rarissimi i casi
in
cui un pesce abbia attaccato proprio in fase di svolgimento del
bracciolo- la preda difficilmente rimarrà ferrata; a molagna
c'è il rischo che, se il trave lavora in
diagonale, l'esca cadendo vada poi ad intercettarlo una
volta richiamata. Una messa in pesca attenta ed ordinata dei baccioli,
filando il nylon tenendolo in tiro (o addirittura facendo nuotare "in
retromarcia" l'esca se la velocità di traina lo consente) e
cercando di tenere la rotta del natante
più lineare possibile,
può tornare sempre utile.. |
A
quale distanza minima dalla barca è meglio tenere
le esche?
Nonostante
sia capitato svariate volte che,
sopratutto in fase di recupero dell’artificiale, delle trote
abbiano abboccato
quasi a ridosso della barca, è consigliabile lasciare la
prima esca ad almeno
20-25 mt di distanza dall’imbarcazione, diminuibili a molagna
in caso di
montature che lavorano in verticale sotto il natante; pescando invece
in acque
poco profonde e trainando la lenza dietro la barca (tirlindana o traina
con
canna), è sempre consigliabile maggiorare lo spazio ad oltre
una trentina di
metri. Più che aumentare in maniera esagerata la distanza
delle esche, è
importante non produrre rumori “molesti” quali
schiamazzi o colpi sulla barca
che in acqua sono subito avvertiti dai pesci, se poi si dispone di un
motore
con minimo e bassi regimi silenziosi che non generano vibrazioni allo
scafo,
ancora meglio.. |
Quando le prede si slamano.
Perdere qualche pesce fa parte del gioco. Certo è
che con qualche piccolo accorgimento si può diminuire le probabilità di
sgancio, portando in barca un maggior numero di prede.
Innanzitutto, basilare, le esche dovranno sempre
essere munite di ancorette ed ami robusti, proporzionati e ben affilati.
Altro fattore importante, la tensione della lenza,
una preda che aggredisce un’esca -soprattutto se artificiale- con
un terminale
allentato farà in tempo a sputare immediatamente l’inganno
o comunque rimarrà
ferrata in malo modo rischiando di liberarsi durante la fase di
recupero. A cavedanera bisognerà sopratutto curare che il trave
sia sempre ben teso, un
barchino delle giuste dimensioni e tenuto in costante movimento
aiuteranno
senz’altro; con la molagna ci saranno meno problemi, la maggiore
rigidità della
montatura ed i braccioli più corti favoriranno
l’auto-ferrata del pesce, ma
logicamente la frizione dovrà essere tarata in maniera che
sull’abboccata non
slitti eccessivamente concedendo troppo filo all’avversario; dei
terminali
robusti permetteranno di tenere più serrata la ruota, ed anche
l’uso di un
antennino in metallo che ammortizza le tirate senza far slittare la
frizione
può essere un vantaggio in più. Specialmente utilizzando esche artificiali, anche
una velocità di traina leggermente superiore può essere un vantaggio.
Alcuni pescatori usano, per consolidare la presa
degli ami, dare uno strappo al terminale della cavedanera o sul trave della
molagna (per montature che lavorano in diagonale più distese, con la lenza in
verticale sotto la ruota sarebbe praticamente inutile), codesta operazione
andrebbe eseguita con prudenza onde evitare di causare una secca rottura del
nylon.
|
La trota di lago va
considerata come specie a sè stante?
"L'appartenenza
ad una stessa specie della trota fario e della trota di
lago è stata sostenuta da molti autori, una delle prove
più importanti a favore di questa ipotesi consiste in
esperimenti di accrescimento di
trote
fario in ambiente
lacustre, dove
assumono i caratteri di trota di lago". Questo è
ciò che
viene riportato su di un autorevole testo italiano di ittiologia,
insomma come molti esperti già da tempo sostengono con
ragionevole certezza, "la regina lacustre dei grandi invasi subalpini
non è una semispecie originaria di trota, ma
bensì
corrisponde ad una forma della fario modificatasi per tutti quei
fattori ambientali correlati alla vita in habitat lacuale". In effetti
anche trote di altre specie, come ad esempio la marmorata, dopo una
lunga permanenza nelle acque di un grande lago, spesso subiscono un
processo di "lacustrizzazione", assumendo una slavata e quasi
indefinita livrea argentea. Capita quindi che, a breve raggio, si
possano incontrare trote dalla livrea completamente diversa, con
esemplari schiariti che vivono nel lago, e, a poca distanza, nel
piccolo ed impervio riale che si immette nello stesso, fario dai
classici colori scuri e pallini rosso fuoco. |
E’
vero che spesso la trota lacustre si mette in
caccia in momenti ben precisi della giornata?
In
alcuni ambienti e periodi sembra proprio che la trota di lago abbia
questa particolare abitudine, ed in molti sono
pronti a giurare su alcune brevi finestre di attività
soprattutto di branchi in
orari (diversi da alba e tramonto) sistematicamente ripetitivi ed
uguali,
quarto d’ora più quarto d’ora meno.
Indubbiamente
trovare i pesci in attività
aiuta parecchio, ma può rivelarsi altrettanto vincente
sapere
dove essi si
trovano, presentando correttamente le nostre esche e facendoli
abboccare in
momenti di apparente stallo. |
E' possibile insidiare il luccio
con la molagna?
Nonostante
la traina al luccio venga solitamente praticata più
frequentemente a trolling con canna o adoperando la tirlindana manuale
su aspo (nella foto, vuoi per l'economicità e la semplicità
dell'attrezzo che per il poter imprimere facilmente continui
strappetti alla lenza, clicca qui
per maggiori info sulla tirlindana), la molagna, visto l'innegabile vantaggio di un
sistema di
recupero più comodo ed efficiente, non è
assolutamente da sottovalutare. Ovviamente la lenza non sarà
quella con piombo guardiano e braccioli a salire, in questo caso si
utilizzerà una sola esca in fondo alla montatura con un
finale
in
nylon da 0.40-0.50 e con la piombatura sia raggruppata (a non meno di 5
mt dall'artificiale), che distribuita sulla lenza (olivette o spiraline
di piombo), in poche parole una semplice montatura da tirlindana
avvolta su di una ruota, gli svizzeri usano spesso interporre un
apposito galleggiante distanziato ad una ventina di
metri dal natante. Quello che però conta di più
per
avere
successo in questo tipo di pesca è, dirigendo con perizia
l'imbarcazione, il riuscire a tenere l'esca costantemente a contatto
con il fondo, utilizzando un artificiale od una piombatura adatti alla
situazione e trainando lungo la corona lacuale o nelle zone ritenute
proficue a seconda della stagione. |
A proposito di catch and release..
Nel
caso si voglia restituire la libertà ad una preda, sia che
si tratti di catch and release totale che di semplice
necessità
con esemplari sottomisura, bisognerà assolutamente fare in
modo
di non arrecare danni al pesce e causargli il minor stress possibile.
Basilare la regola di utilizzare ami singoli privi di ardiglione (gli
ondulanti sono una tipologia di esche che ben si prestano a queste
sostituzioni), o perlomeno schiacciare quelli sulle ancorette quando
non
conviene sostituirle, ad esempio quelle centrali su minnows piuttosto
lunghetti; una volta allamta la preda andrà portata in
barca
nel minor tempo ragionevole possibile, evitando di salparla
sollevandola di peso con la lenza, ma piuttosto utilizzando un guadino
e toccandola esclusivamente con le mani bagnate. La slamatura
dovrà essere eseguita il più delicatamente
possibile e
senza forzature, tenendo ben fermo il pesce impedendogli di dibattersi
violentemente o di cadere. Le eventuali foto in posa andranno
eseguite
rapidamente, senza stringere eccessivamente la preda ed evitando di
infilare le dita nelle branchie, rimettendola poi in acqua con cura e,
se necessario, procedere ad un riossigenamento fino a
quando non avrà ripreso le forze per poter riprendere a
nuotare
senza problemi. Nel catch and release la cosa che conta davvero
è il restituire una creatura intatta e vitale al suo
ambiente,
rilasciare un pesce ferito dopo averlo trattato non adeguatamente,
servirà solo in molti casi a provocarne una morte lenta e
sofferta. Qualora si voglia trattenere il pescato, i pesci andranno
sempre e comunque trattati con rispetto, evitandogli inutili
sofferenze. |
Prede e dimensioni.
Breve
rassegna delle prede con relative dimensioni massime
catturabili a molagna e cavedanera; senza comunque farne una regola
fissa, è assodato che i colossi della specie, soprattutto in
zone soggette ad elevata pressione di pesca, sono spesso "refrattari"
agli artificiali, facendosi ingannare più facilmente
da esche naturali, sia vive che morte.
-Trota di lago:
in passato venivano pescati esemplari oltre i
20 kg (si parla di un pesce record di 32 kg preso nel Ceresio), quasi
certamente si trattava di grosse marmorate indigene che in passato
regnavano nei grandi laghi e relativi bacini idrici del nord Italia. Al
giorno d'oggi girano ancora pezzi da oltre 10 kg, prenderli all'amo
risulta difficile, prede di 3-4 kg possono essere già
considerate catture soddisfacenti..
-Salmerino
alpino: è un pesce che vive a grandi
profondità (da 50 ad oltre 100 mt) soprattutto in branchi e
caratterizzati da taglie medie sui 25-30 cm, ma alcuni esemplari
arrivano a passare i 70 cm con pesi di oltre 4 kg, a molagna vengono talvolta effettuate catture sopra i 60 cm.
-Luccio:
i colossi della specie (20-25 kg e molto probabilmente
più..), anche se molto meno numerosi che un tempo,
fortunatamente
nuotano ancora nei nostri laghi, risultando però
difficilissimi
da catturare. La pesca con classica tirlindana manuale su aspo risulta
ancora molto utilizzata e redditizia, le catture che avvengono su
cavedanera o molagna con piombo guardiano, sono spesso casuali e
"pericolose" vista la
mancanza del cavetto sull'esca normalmente destinata ad altri predatori.
-Lucioperca:
altra preda molto ambita dai pescatori a traina, raggiunge
dimensioni rilevanti con pesi di oltre 10 kg, nel Lago Maggiore ne
sono stati catturati, sia con il vivo che con gli artificiali, diversi
esemplari prossimi ai 15 kg; conoscendo le zone adatte e pescando bene,
catture di 4-5
kg
sono nella norma. Viste le sue abitudini di sostare la maggior parte
del tempo nei pressi del fondo o cacciare a mezz'acqua, la molagna
è un
sistema che può dare ottimi risultati.
-Persico:
preda per eccellenza del pescatore a tirlindana, il colorato
predatore purtroppo però non raggiunge taglie elevate e
catture
attorno ai 5-6 etti (circa 35 cm) sono già più
che
soddisfacenti; le dimensioni massime che può raggiungere nei
nostri laghi raramente superano i 50 cm di lunghezza ed i 2 chilogrammi
di peso.
-Cavedano:
può toccare e superare, seppure in rari casi, i 2,5
kg; non sono infrequenti, soprattutto pescando a spinning,
capi sui 2
kg. Il simpatico ciprinide, in acque limpide ha un
comportamento spesso molto differente ai vari metodi di pesca,
facendo
impazzire il più esperto dei pescatori al colpo e
costringendolo
ad utilizzare lenze infinitesimali ed inneschi perfetti per poterlo
catturare, finendo talvolta poi per attaccare con decisione minnows di
buone
dimensioni su nylon di grosso diametro destinati alla marmorata (nella
foto un esemplare di circa 58 cm intorno ai 2,5 kg, catturato in aprile
nel
Ticino sub-lacuale con un artificiale da 10 cm) od al
luccio. |
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