Il
salmerino alpino
(Salvelinus alpinus) è un pesce
appartenente alla famiglia dei salmonidi che popola le acque fredde e
profonde
dei grandi bacini sub-alpini del nord Italia.
Presente anche in
molti laghi e laghetti in quota, con
adattamento accertato in certi casi fino ad oltre 2500 mt., si tratta
di una
specie che predilige specchi d’acqua puliti ed ossigenati,
vivendo molto
raramente se non mai, in acque correnti (a differenza del cugino
importato dal
nord America, il S.fontinalis); nell’Europa del nord il
salmerino alpino
possiede abitudini anadrome. Le popolazioni stanziali e confinate nei
laghi
vengono talvolta distinte e classificate con il nome di Salvelinus
umbla.
Di indole gregaria,
vive imbrancato a discrete profondità,
tuttavia gli esemplari maggiori tendono ad isolarsi divenendo solitari;
le
dimensioni massime che può raggiungere nelle nostre acque,
variabili comunque
in base al tipo di habitat, sono accreditate almeno fino a
quattro/cinque chili
per oltre una settantina di centimetri di lunghezza. Al giorno
d’oggi prede che
si aggirano sui tre chili possono già essere considerate
eccezionali e taglie
da 50 cm nella maggior parte degli ambienti non sono per nulla facili,
finendo
per imbattersi più frequentemente in gruppi di pesci
oscillanti attorno ad una
trentina di centimetri.
Morfologicamente
simile alla trota comune, si differenzia da
essa principalmente per la livrea, tendente al grigio-bruno/verdastro
con
macchioline bianche sui fianchi e ventre sfumato di arancio (colore che
si
accentua durante la fase riproduttiva tra fine autunno ed inizio
inverno) con
relative pinne orlate di bianco. Anche le abitudini alimentari sono
pressoché
identiche, sebbene tendenzialmente meno aggressivo rispetto alla
cugina, gli
esemplari adulti sono ittiofagi e oltre alle varie larve di chironomidi
non
disdegnano predare piccoli pesci presenti nel loro habitat.
E naturalmente
anche le tecniche di pesca sono quelle
utilizzate per la cattura della trota: a spinning, a mosca, con esche
naturali
sia a fondo che con il galleggiante. Tutto questo però,
esclusivamente in
ambienti più ristretti quali laghetti di montagna o similari
che permettono al
pescatore di poter giungere a portata di lancio dei pesci, che talvolta
si
portano in prossimità delle rive finendo non di rado per
attaccare anche
piccoli artificiali manovrati nei pressi di qualche affluente.
Nei grandi laghi
prealpini (Verbano, Ceresio, Lario ecc..),
data la vastità dell’ambiente il salmerino assume
invece un comportamento
differente che lo rende praticamente una preda impossibile da riva.
Se
c’è un pesce delle grandi acque lacustri nostrane
che può
essere considerato il più misterioso di tutti, indubbiamente
quello è il
salmerino alpino. In questi ambienti a contendersi la palma di
“spettro dei
laghi”, oltre al nostro, il quartetto formato da trota
lacustre, bottatrice,
agone e coregone.
La trota di lago,
dal comportamento notoriamente fantomatico
per il suo improvviso apparire e altrettanto rapido scomparire lungo le
sponde,
tutto sommato rimane un pesce ben insidiabile anche da riva e presente
per
buona parte della stagione, con spostamenti lungo immissari ed emissari
che la
rendono una preda piuttosto comune e consolidata.
La bottatrice,
abitatrice dei bui fondali lacustri, può
essere portata in secca praticando quasi esclusivamente una pesca notturna di
fondo con esche naturali, meglio se nei
pressi
di abitati od affluenti su fondali a picco.
L’imprendibile
agone, pesce pelagico per eccellenza e
frequentatore di grandi profondità, come per incanto durante
il periodo estivo
si avvicina alla riva per la riproduzione divenendo per qualche
settimana mira
di file di pescatori che con canna e lenza riempiono facilmente cestini
su
cestini.
Anche il coregone,
che si mantiene per tutto l’anno
invisibile e a debita distanza dalla terraferma, durante il periodo
riproduttivo si porta all’imbrunire nei pressi di spiaggette rocciose in un
frenetico e facilmente osservabile via vai.
E il salmerino
alpino? Lui no, di
avvicinarsi alla riva proprio non ci pensa,
facendo invece l’esatto opposto, portandosi a notevoli
profondità (fino oltre
100 mt.) per depositare e comunque rimanendo su batimetrie elevate per
gran
parte dell’anno. Potrà sembrare strano, visto la
strettissima parentela con la trota
ed il comportamento similare in taluni ambienti, ma se così
non fosse avremmo
notizie di pescatori che sui grandi laghi, tra una lacustre e
l’altra,
catturano salmerini da riva a spinning o con il vivo. E, nonostante si
ipotizzi
durante il periodo freddo vaghi al largo anche in strati superficiali,
il fatto
che tra i numerosi equipaggi che incrociano armati di cavedanere non si
abbiano
praticamente mai notizie di salmonidi aranciati salpati, ciò
infittisce ancora
di più il mistero.
Il salmerino
è un pesce che si cattura esclusivamente dalla
barca e con determinate tecniche, più precisamente quelle
utilizzate per il
coregone, con canne dedicate ed apposite amettiere portanti imitazioni
di
piccole larve. Il fatto che esso viva, proprio come il lavarello,
imbrancato
nei pressi del fondo a certe profondità (solitamente non
inferiori ad almeno
una ventina di metri), giocoforza risulta più redditizio
l’utilizzo di sistemi
di pesca in verticale, guarda caso in questo modo andando a coregoni o
persici
si finisce per imbattersi nel branchetto di combattivi salmerini.
Pescarlo da
riva risulterebbe un poco difficoltoso: a patto di trovare il
“buco” buono su
qualche fondale raggiungibile lanciando da terra, il problema sarebbe
poi
quello di muovere in maniera corretta le esche, in alternativa si
potrebbe
tentare da fermo con esche naturali oppure, incagli permettendo, a drop
shot
con le siliconiche.
Un’altra
tecnica che permette costantemente la cattura del
salmerino alpino è la traina di fondo con gli artificiali.
Trattandosi di un
predatore, ciò lo rende vulnerabile in
particolar modo a piccole esche metalliche come gli ondulanti, in
questo caso
fatti lavorare alla giusta profondità con attrezzature
adatte allo scopo;
molagna e tirlindana risultano dunque le migliori per sondare
agevolmente tali
batimetrie e giungere a tiro dei pesci, non per nulla i migliori
esemplari
vengono spesso portati in barca proprio grazie a questi attrezzi. Vista
comunque la taglia media della preda è preferibile
l’utilizzo di artificiali di
piccole dimensioni, come appositi ondulantini sottili e leggeri da 4-5
cm dai
guizzi vivaci anche a profondità elevate; la
velocità di traina dovrà essere
più lenta rispetto a quella attuata normalmente per la
trota, ciò renderà
inoltre più facile tenere le esche a contatto con il
fondale. Utilizzando la
classica trotiera con piombo guardiano e braccioli a salire, per poter
avvicinare il più possibile il fondo con l’ultimo
artificiale converrà tenere
l’attacco a non più di un metro sopra la zavorra,
con la lenza a lavorare
preferibilmente ad angolature verticali e servirsi di braccioli
mediamente più
corti da non oltre 5-6 mt.
Questo
stupendo salmonide oltre ad essere piuttosto raro, possiede anche
delle carni che rasentano la delicatezza, ragion per cui la maggior
parte dei
pescatori che si dedicano a questo pesce conoscendo delle zone
proficue,
saranno restii nel mostrare le proprie catture od anche semplicemente
nel
parlarne. Al fortunato pescatore in traina, convinto di avere allamato
una
bella trota, ma che al termine del recupero si vedrà
inaspettatamente affiorare
e dibattere a pelo d’acqua non una sagoma argentea di una
lacustre, bensì
quella aranciata di un colorato salmerino da un paio di chili,
salirà il cuore
in gola per la paura di perdere tale preda proprio negli ultimi istanti
di
lotta, trofeo più ambito di altri pesci di taglia ben
superiore. |
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