APPROFONDIMENTI




In questa sezione vengono riportati, in forma di domande e risposte, alcuni rapidi approfondimenti inerenti agli argomenti trattati nel sito; come già saprete od intuito leggendo nei vari capitoli, si tratta di una pesca in cui, sopratutto per quanto concerne l'attrezzatura e l'aspetto organizzativo, ingegno, personalizzazioni e "fai da te" sono basilari, naturale quindi vedere spesso tra pescatori metodi ed attrezzi leggermente differenti.

Imbarcazioni e laghi

E’ possibile praticare queste tecniche con una Canadian 370 in alluminio o similari?
Possibile è possibile, ma non è di sicuro il tipo di imbarcazione più adatto per pescare comodamente con questi sistemi ed affrontare certi ambienti in sicurezza; passando invece da una 370 ad una 430-440 (nella foto un modello da 4,4 mt del peso di 170 Kg) a sponde alte sempre in alluminio la differenza, nonostante non si tratti ancora del top per la traina in un grande lago, è notevole. Queste barche, se dotate di piano di calpestio, possono essere già considerate la “base” per riuscire a pescare con molagna e cavedanera decentemente e nelle tecniche da fermi permettono di stare in piedi e lanciare anche in due senza problemi; hanno il vantaggio di poter essere trasportate e scaricate facilmente da un carrello operando anche da soli, lo stesso dicasi per le versioni sui 5 mt (che in alcuni casi pesano oltre 2 qli.), ancora più spaziose e comode. Spesso tra due imbarcazioni identiche conta molto e fa la differenza il tipo di allestimento, un "pacchetto" con piano di calpestio e disposizione delle panche (2 gavoni laterali al posto della panca centrale) che permettono di muoversi agevolmente all'interno della barca senza scavalcare, è senz'altro il più indicato.

Come scegliere la potenza adeguata del motore?
Per ottenere la velocità di traina giusta bisogna montare un motore proporzionato al tipo di imbarcazione, ma in gioco entrano alcuni fattori quali variabilità di carico dovuto agli occupanti (soprattutto su barche più piccole), e diverse velocità di traina a seconda di esche utilizzate e prede insidiate. Mediamente alle classiche lance da lago in legno o vetroresina sui 6 mt solitamente vengono applicati motori da 15-25 cv, su barche da 4.5-5 mt pesanti tra 1.5-3 qli. 10-15 cv, per scendere a 4-8 cv montati su delle quattro metri che si aggirano sul quintale. Per rallentare l’andatura ci si potrà arrangiare trascinando ancore galleggianti o secchi, su diversi motori entrobordo invece si ha la fortuna di poter montare un particolare dispositivo (trolling valve) che riduce l’andatura al minimo senza variare il numero di giri, ma qui stiamo già parlando di imbarcazioni di classi e dimensioni superiori, decisamente eccessive per la piccola traina in lago. Prima di spendere soldi per l’acquisto di un fuoribordo inadeguato, è buona cosa informarsi chiedendo consiglio a chi magari possiede una barca simile alla nostra e la usa per andare a pesca, su molti forum dedicati alla nautica od alla pesca spesso si trovano risposte molto esaurienti.

Il motore elettrico può essere impiegato come ausiliario per la traina?
L’elettrico ha il vantaggio, oltre quello di essere silenzioso e pulito, di poter ottenere velocità bassissime e modulabili, rendendolo adatto in particolar modo alla traina con il vivo e venendo spesso utilizzato per insidiare il luccio con andature da 0.5 nodi o poco più. Come per il motore a scoppio anch’esso andrà scelto con una spinta adatta all’imbarcazione (va sottolineato che questo tipo di propulsione viene adottata più frequentemente su barche di dimensioni medio-piccole), logico che più sarà potente più scaricherà velocemente le batterie, per esempio utilizzandone uno da 50 Ah di assorbimento massimo orario, con una batteria da 100 Ah avrà circa 2 ore di autonomia a pieno regime, andando più lentamente e consumando 25 Ah, si salirà a 4 ore e così via.. Quasi obbligatoria la scelta di batterie a scarica lenta, molto più costanti e longeve ai cicli di ricarica.

Nella navigazione da diporto in acque interne ci sono regole e norme da rispettare?
Assolutamente sì, bisognerà attenersi alle norme diportistiche quali, tra le più importanti, dotazioni di sicurezza obbligatorie da tenere a bordo (che variano principalmente a seconda della distanza di navigazone dalla costa e dal tipo di imbarcazione), documenti (polizza assicurazione e dichiarazione potenza motore, patente nautica quando prescritta ecc..), nonchè rispetto di precedenze di rotta con altre unità (vele, barche adibite a pesca professionale, battelli di linea e mezzi di soccorso in primis), distanze di navigazione parallela alla sponda e relative velocità consentite.

Quando e come si capisce che le onde rendono impraticabile la traina?
E qui entriamo in un campo minato, dare indicazioni precise sarebbe un po’ arduo..
Come spiegato nel capitolo sull’imbarcazione, più o meno tutto dipende dal tipo di natante (dimensioni, peso e forma dello scafo) e dal conducente (esperienza, manico). Trainare in presenza di onde in molte situazioni può essere produttivo per il fatto che in superficie le prede potranno scorgere meno facilmente l’inganno dell’esca, le oscillazioni ed i rallentamenti della barca “regaleranno” dei benefici movimenti irregolari agli artificiali ecc.., ma è logico che se il lago è mosso a tal punto da rendere difficile la navigazione e l’imbarcazione troppo instabile e ballerina, è inutile fare i temerari, si passerà solo del tempo pescando male e con difficoltà, in fondo si esce soprattutto per rilassarsi e divertirsi, no? A grandi linee si può dire che su un bacino di grandi dimensioni con barche medio-piccole (4-4.5 mt) il primo “campanello” d’allarme può essere l’inizio della formazione delle cosiddette “onde bianche” (quelle alte abbastanza da produrre schiume). Quando siamo a pesca ed improvvisamente si levano raffiche di vento forti ed insistenti (in certi ambienti per un natante leggero 10 nodi sono già un problema), non esitiamo a tornare subito a riva, il lago inizierà a muoversi ben presto..


Molagna

Per iniziare la pesca a molagna conviene procurarsi subito una ruota con corsia separata per braccioli esca e linea madre?
Questo sistema sicuramente agevola e velocizza  le operazioni di calata e recupero dei braccioli, ma richiede -a meno che non si disponga della ruota con sblocco e rotazione indipendente delle corsie- anche una certa pratica; usare supporti a parte come la ruota supplementare od aspi e tavolette, rende il tutto più semplice ed intuitivo, la cosa più sensata quando si è agli inizi è di provare con metodi ed attrezzi meno impegnativi come quelli appena menzionati (nella foto addirittura un semplice -anche se un po' scomodo- telaietto porta montature), comunque molto validi ed utilizzati dalla quasi totalità dei pescatori. E’ ovvio poi che, anche possedendo la trotiera a doppia corsia, nessuno vieti di recuperare separatamente dalla ruota i terminali, semmai con un attrezzo del genere si avrà la facoltà di disporre di un sistema di avvolgimento in più.

Quanti braccioli porta esche è meglio utilizzare in pesca?
Il numero massimo di braccioli, regolamenti a parte, sarà in base alla lunghezza degli stessi, all’ambiente in cui stiamo trainando ed ai mezzi e alle capacità del pescatore. Solitamente si parte da un minimo di 3-4 per arrivare fino ad una dozzina, come detto molto dipende anche dallo spazio e dalla profondità a disposizione, in ambienti ristretti e meno profondi sarà meglio utilizzare montature più corte per poter manovrare con più tranquillità; se non ci saranno problemi di questo genere, con sistemi di avvolgimento per i braccioli validi si potranno tenere lenze di oltre 100 mt con una decina di terminali da 9-10 mt. E’ logico che con più esche in acqua le probabilità di cattura aumentano, ma bisogna tenere presente che se una preda attaccherà su uno degli artificiali vicini al piombo, bisognerà “armeggiare” parecchio prima di portarla a tiro di guadino, quindi sempre meglio non eccedere troppo..

Dovendo pescare su fondali di 30-40 mt che tipo di montatura è consigliabile?
Si possono utilizzare indifferentemente sia una pesante che una più leggera: la prima con zavorre da circa 1.2-1.5 kg con il trave a lavorare in verticale sotto l'imbarcazione, con 30-40 mt di lenza fuori ed adottando braccioli da 5 mt ogni 5-5.5 mt (si può mettere il primo più corto -sui 3 mt- a 1,5-2 mt dal piombo) per un totale di 5-6 esche in acqua; la seconda con pesi da 5-6 etti (ma comunque variabile a seconda della velocità di traina), 70-80 mt di lenza fuori e 5-6 braccioli da 9-10 mt. La prima montatura genererà una maggiore trazione sulla ruota e l'imbarcazione, la seconda "tirerà" meno e coprirà un raggio d'azione più ampio, ma avrà lo svantaggio del trave e dei terminali più lunghi da calare e recuperare, senza contare che in caso di fermata o diminuzione eccessiva della velocità di traina dovuta magari ad una curvatura inadeguata della rotta, il piombo cadendo rischierà di andare a toccare il fondale.

Qual’è la velocità di traina adatta per la molagna?
Principalmente dipende dal tipo di esca utilizzata e dalla preda insidiata, gli ondulanti leggeri si muovono già bene a velocità intorno a 1.5 nodi, mentre se si utilizza la montatura con i silurotti galleggianti e minnows in superficie, si può salire a 2-2.5 (anche in questo caso dipende dal tipo di pesciolino usato); soprattutto con la trota, sia che si utilizzi il piombo guardiano e gli ondulanti, che galleggianti e minnows, volendo si può arrivare fino a 3 nodi, e, a meno di non usare dei piombi molto pesanti, più aumenta la velocità di traina, più il trave si distenderà facendo lavorare la montatura a profondità minori ed avvicinare le esche alla lenza madre. Come già detto il vivo andrà invece trainato molto lentamente (1-1.5 nodi) per consentire al pesciolino di nuotare correttamente e durare più a lungo.

E’ importante fare in modo che le esche non viaggino troppo vicine al trave?
Sicuramente è un fattore che non va sottovalutato, molte volte capita, oltre che di montare piombi troppo leggeri, di aumentare la velocità di traina o di filare fuori troppi metri di lenza senza controllare l’angolo d’incidenza che il trave assume in acqua; con una montatura troppo distesa orizzontalmente si finirà, anche con terminali lunghi, di far viaggiare l’esca ad un metro o poco più sopra la linea, che essendo magari in acciaio e di grosso diametro, verrà facilmente scorta dalla preda potendo causarne il rifiuto. Il discorso è valido anche per il sistema con silurotti galleggianti, mantenere l’artificiale un poco staccato dal trave male non farà, in questo caso intervenendo sulla piombatura del bracciolo (peso e distanza dall’attacco sulla linea).

Il trave può essere costruito in nylon nel tratto recante gli attacchi per i braccioli?
Il nylon ha il pregio, anche se di grosso diametro, di essere molto meno visibile rispetto ad acciaio rame e trecciato, ma possiede un'elasticità elevata che ne sconsiglia l'uso in questa pesca per finali di lenza superiori ai 30 mt. Spesso a molagna si utilizzano anche una dozzina di braccioli da 8-10 mt, che si traducono in collane di esche da un centinaio di metri ed oltre, rendendo necessario l'utilizzo di materiali privi di elasticità.

Come comportarsi in caso di abboccata di una grossa preda e conseguente difficoltà a recuperare la lenza?
Innanzitutto la frizione dovrà essere tarata in maniera da evitare la rottura del terminale e all'opposto lo slittamento inutile ed eccessivo del mulinello; per poter guadagnare o non perdere troppi metri di linea, si potrà procedere, se possibile, curvando la rotta dell’imbarcazione (meglio allontanandosi da riva e comunque non esagerando nel chiudere la sterzata), alleviando così la trazione e permettendo di recuperare più facilmente la lenza, non è infrequente prima di concludere con successo l’operazione di dover girare in tondo per diverso tempo.. Utilizzando una montatura tipo tirlindana con un solo artificiale in fondo alla lenza, classico nella ricerca del luccio lungo la corona lacuale, una volta lasciate le zone pericolose a ridosso della riva e trovandosi in acque aperte, si potrà arrestare il natante per ultimare il recupero con più tranquillità.  

Cosa fare in caso di incaglio?
Ovviamente la cosa più sensata è quella di fermare l'imbarcazione e di portarsi, in retromarcia e senza girarsi (meglio se tenendo in tensione la lenza), sopra il piombo per cercare di liberarlo; una volta disincagliato si procederà a riavvolgere velocemente la linea e rimettere in movimento la barca, recuperando tutta la montatura per controllare se i braccioli cadendo si siano impigliati sul trave. Con montature lunghe che lavorano in diagonale, è capitato di riuscire a liberare il piombo senza fermare l'imbarcazione, ma curvando e disegnando un ampio semicerchio con la lenza tenuta tesa, invertendo così la rotta ed andando a tirare il piombo dalla parte opposta dell'incaglio. Durante la traina se abbiamo il sospetto di stare iniziando ad arare il fondale (strappetti anomali sull'antenna o slittamento della frizione), sarà opportuno recuperare velocemente ed aumentare anche la velocità del natante, allontanandosi gradualmente dalla riva.


Cavedanera

Come si mettono in pesca i barchini utilizzando un palo fisso alto privo di ruota e sistemi tipo “alzabandiera”?
Operando in questo modo bisognerà tenere un’estremità della linea (meglio se di diametro maggiorato per avere meno problemi di ingarbugliamenti) già attaccata in cima all'albero, mentre il rimanente adagiata sul fondo dell’imbarcazione o avvolta lungo il palo stesso tramite due spinotti ad L distanziati una cinquantina di cm l'uno dall'altro; agganciato il barchino si filerà in acqua a mano la montatura tenendo il trave basso e bloccandolo, ogni volta che si deve agganciare un bracciolo, su di un fermo posto sul palo. Una volta stesa tutta la linea la si lascierà andare su, e per riabbassarla nuovamente, ci si servirà di un cordino di richiamo legato sul trave a 2-2.5 mt dalla cima dell’albero e tenuto collegato al bordo dell’imbarcazione, recuperando poi la cavedanera a mano e fissando il cavo, quando si dovrà sganciare e riavvolgere un bracciolo, sul solito fermo posto sul palo.

Qual è l’altezza ideale del palo?
3-4 mt sono la misura standard, quelli più alti, sui 5-6 mt e per imbarcazioni idonee, generalmente sono consigliabili qualora la montatura venga fatta allontanare maggiormente. In ogni caso volendo è possibile adoperare pali anche da 2 mt, basta solo che la linea non vada a toccare l’acqua nella parte finale verso il divergente, specie utilizzando barchini piccoli e con tensione più debole sul trave, in quel caso andranno tenuti più vicini alla barca od aumentata la velocità di traina.

E' possibile pescare senza l'ausilio del palo?
Anche se la pesca con il barchino sui laghi viene tradizionalmente praticata tenendo sollevato il trave con il palo, è comunque possibile farlo viaggiare basso sull'acqua lasciandolo semplicemente agganciato al bordo dell'imbarcazione (o, meglio ancora, in collegamento con una ruota di recupero girevole sul proprio asse come quelle utilizzate per le cavedanere affondanti), ma a patto che il divergente abbia un tiro in grado di tenere la linea ben tesa. Sui nostri mari è molto diffusa ed apprezzata la traina con il barchino tenuto a mano camminando dalla spiaggia, svolgendo e riavvolgendo trave e relativi braccioli esca -qui mediamente più corti e con esche solitamente leggere o galleggianti per evitare continui incagli nelle bassure- da una semplice spoletta artigianale in legno..

A quale distanza dall’ imbarcazione può essere fatto navigare il divergente?
In linea generale più il barchino è grande ed il palo alto (ma conta anche una maggior velocità di traina), più potrà essere fatto allontanare; diciamo che 50 mt per lato come limite massimo sono più che sufficienti, permettono di tenere 5-6 braccioli distanziati tra loro 7-8 mt e di poter scorgere le abboccate sulle esche più lontane. E’ ovvio che, trainando in spazi più ristretti o in presenza di traffico (altre barche in pesca con i cani per esempio), automaticamente si spera il buonsenso farà diminuire il raggio d’azione della montatura, evitando di creare problemi.

Quale è la velocità di traina adatta per la cavedanera?
Come sopra detto per la trotiera, in base al tipo di esca e preda utilizzata: 1.5 nodi con il vivo (solitamente però il barchino funziona meglio ad andature superiori), ondulanti leggeri e minnows a partire da 2 fino a 3-3.5 nodi; specialmente durante la stagione primaverile, spesso le trote attaccano artificiali che “filano” in acqua a velocità anche di 5 nodi.

Come è costruito un bracciolo porta esca?
Un esempio di terminale tra i più semplici e comuni, partendo dall'esca:
1- moschettone con o senza girella (dipende dal tipo di esca) per agganciare l'artificiale.
2- tratto finale in nylon da 5 a 10 mt del diametro idoneo alla preda insidiata.
3- girella.
4- rimanente tratto in filo maggiorato rispetto al finale; per esempio, con un bracciolo ipoteticamente lungo 30 mt, utilizzando 5 mt da 0.28 sull'esca, con i restanti 25 mt si potrà salire ad uno 0.40 per completare il tutto.
5- moschettone a sgancio rapido con girella per collegare il terminale al trave della cavedanera.
Se il bracciolo sarà particolarmente lungo, volendo si potrà intervallarlo con qualche girella in più.
L'eventuale piombatura se raggrupata andrà sistemata sul filo più grosso al di sopra della girella (vedere anche foto in capitolo cavedanera) ad una distanza variabile tra i 5 ed i 10 mt dall'esca.
Per quanto riguarda il segnalatore di abboccata, se sarà di dimensioni idonee da poter essere avvolto nel supporto assieme al relativo bracciolo, andrà bene fissato sullo stesso ad una spanna dal trave; al contrario, ad esempio con una classica pallina colorata da 3-4 cm, bisognerà sganciarlo dal bracciolo, quindi anch'esso dovrà possedere sistemi di aggancio idonei (moschettone rapido per il trave davanti e girella per il bracciolo dietro).

Quale tipo di legno è più adatto per la costruzione di un barchino?
Multistrato marino ed abete -per quest'ultimo da scartare le tavole incollate tra loro- sono due ottimi materiali; il primo, molto utilizzato in nautica per via della sua grande resistenza all'acqua ed all'umidità, possiede un peso specifico superiore rispetto al secondo, che per via della sua porosità risulterà più leggero e tenderà ad assorbire maggiormente acqua, dovendo essere trattato accuratamente con prodotti adatti. L'abete, essendo più tenero, ha il vantaggio di poter essere lavorato più facilmente.

Cosa fare in caso di lago "sporco"?

Ben poco, se qualche sporadico banco galleggiante di detriti vegetali non crea eccessivi problemi, quando invece il lago ha subito un consistente innalzamento idrometrico o è stato spazzato da venti forti, ci sarà sicuramente sul campo parecchia sporcizia, arrivata sia da immissari in piena che quella già presente sulle sponde e riportata in acqua dall'aumento di livello del lago o dalle onde battenti la riva; se i sistemi antialga (protezione sugli ami o gancetti ferma alghe a monte dell'esca) possono andare bene per qualche pezzo di alga o rametto vagante, la presenza esagerata di rami, pezzi di legno o densi agglomerati di "porcherie" varie, renderà impossibile la pesca, e, se si vuol continuare, o si trovano delle zone pulite oppure si cambia sistema provando per esempio a molagna o con la cavedanera affondante.


Pesci ed artificiali


Quali sono le dimensioni ideali degli artificiali per la trota lacustre?
Per quanto riguarda gli ondulanti leggeri sulla molagna misure intorno ai 6-7 cm sono lo standard, salendo intorno ai 9-10 se si ha l’intenzione di fare la festa a qualche “regina”. A cavedanera, come detto nella sezione dedicata, si potranno utilizzare svariate tipologie di artificiali, ecco una carrellata di alcuni tra i più comuni:
Rapala original 7-9-11 cm
Rapala jointed 7-9 cm  
Real winner senza paletta 7-10 cm
Filibustieri modello sia piccolo che grande
Abu toby 12-15 gr
Ilba dentex 1-2
Oltre alla lunghezza conta molto anche il “volume”, uno svolazzante ondulante da traina da 9 cm in acqua sembrerà un boccone molto più consistente rispetto per esempio ad un Rapala original di pari lunghezza (foto); gli artificiali più pesanti e compatti (vedi Real winner 10 cm, Abu toby ecc..) andranno trainati a velocità leggermente superiori rispetto ad altri più leggeri e “plastici” (Rapala snodato galleggiante, flat rap, ondulanti leggeri da molagna). Dedicandosi alla caccia grossa, nella maggior parte delle situazioni è consigliabile aumentare le dimensioni delle esche, se qualcuno temendo di esagerare si fossilizza sui soliti 5 cm, tenga presente che trotelle da 30 cm o poco più attaccano senza problemi Rapala original da 11 cm.

Quali sono le colorazioni più adatte delle esche?
Pescando in acque cristalline come quelle di un grande lago prealpino le colorazioni naturali tendenti al bianco, argento o dorato sono sempre ben gradite ai pesci, soprattutto ai più smaliziati; per quanto riguarda le esche metalliche (ondulanti), quando si pesca in condizioni di forte luce e in strati più superficiali, dall’argento si può passare al oro o rame che emettono bagliori più tenui e realistici, un buon compromesso sono cucchiai bi-tonalità (argento da un lato, dorato o ramato dall’altro). Eccellenti gli ondulanti in madreperla, che però hanno dei costi “amatoriali”..

Per catturare di più conviene utilizzare finali esca il più sottili possibile?
Sarà anche vero che "meno il filo si vede meglio è", però, visto il tipo di pesca che viene effettuata in costante movimento anche in caso di cattura e le potenziali prede, sarà bene andare sempre sul sicuro con diametri più che adeguati alla situazione (vedi capitoli molagna e cavedanera) ed utilizzando sempre fili "super". E' sicuramente meglio qualche possibile cattura in meno dovuta ad un nylon più grosso, che, con uno troppo sottile, dover ogni volta dannarsi per tirare in barca una preda, o peggio ancora, rompere e lasciare in giro pesci con degli ami piantati in bocca.

L'importanza dei nodi.
Ricordarsi ogni tanto di dare una controllata e riannodare i braccioli nei punti di giunzione (girelle, moschettoni ecc..), specie se si utilizzano diametri non troppo elevati, è una buona cosa; il nylon con il tempo è soggetto ad invecchiamento ed indebolimento, e se il nodo rappresenta sicuramente un punto debole (in particolar modo dopo un combattimento al limite della rottura), anche il terminale va comunque tenuto d’occhio e di quando in quando rifatto completamente. Inutile dire che il nodo andrà scelto di tipo idoneo ed eseguito con cura, ciò garantisce una tenuta con valori prossimi al 100% del carico di rottura dichiarato; è assurdo spendere dei soldi in più per avere un filo super che tiene tot kg, per poi perdere anche il 30% di tenuta dopo averlo annodato a casaccio..

I braccioli esca vanno messi in acqua il più velocemente possibile?

Per velocizzare le operazioni di calata della montatura -specie a cavedanera con terminali lunghi- nessuno vieta di srotolare velocemente il nylon dai supporti, ma il filo allentato farà cadere o fermare l'artificiale che perderà la sua efficacia e, anche nell'eventualità di un'abboccata -non sono rarissimi i casi in cui un pesce abbia attaccato proprio in fase di svolgimento del bracciolo- la preda difficilmente rimarrà ferrata; a molagna c'è il rischo che, se il trave lavora in diagonale, l'esca cadendo vada poi ad intercettarlo una volta richiamata. Una messa in pesca attenta ed ordinata dei baccioli, filando il nylon tenendolo in tiro (o addirittura facendo nuotare "in retromarcia" l'esca se la velocità di traina lo consente) e cercando di tenere la rotta del natante più lineare possibile, può tornare sempre utile..

A quale distanza minima dalla barca è meglio tenere le esche?
Nonostante sia capitato svariate volte che, sopratutto in fase di recupero dell’artificiale, delle trote abbiano abboccato quasi a ridosso della barca, è consigliabile lasciare la prima esca ad almeno 20-25 mt di distanza dall’imbarcazione, diminuibili a molagna in caso di montature che lavorano in verticale sotto il natante; pescando invece in acque poco profonde e trainando la lenza dietro la barca (tirlindana o traina con canna), è sempre consigliabile maggiorare lo spazio ad oltre una trentina di metri. Più che aumentare in maniera esagerata la distanza delle esche, è importante non produrre rumori “molesti” quali schiamazzi o colpi sulla barca che in acqua sono subito avvertiti dai pesci, se poi si dispone di un motore con minimo e bassi regimi silenziosi che non generano vibrazioni allo scafo, ancora meglio..

Quando le prede si slamano.
Perdere qualche pesce fa parte del gioco. Certo è che con qualche piccolo accorgimento si può diminuire le probabilità di sgancio, portando in barca un maggior numero di prede.
Innanzitutto, basilare, le esche dovranno sempre essere munite di ancorette ed ami robusti, proporzionati e ben affilati. Altro fattore importante, la tensione della lenza, una preda che aggredisce un’esca -soprattutto se artificiale- con un terminale allentato farà in tempo a sputare immediatamente l’inganno o comunque rimarrà ferrata in malo modo rischiando di liberarsi durante la fase di recupero. A cavedanera bisognerà sopratutto curare che il trave sia sempre ben teso, un barchino delle giuste dimensioni e tenuto in costante movimento aiuteranno senz’altro; con la molagna ci saranno meno problemi, la maggiore rigidità della montatura ed i braccioli più corti favoriranno l’auto-ferrata del pesce, ma logicamente la frizione dovrà essere tarata in maniera che sull’abboccata non slitti eccessivamente concedendo troppo filo all’avversario; dei terminali robusti permetteranno di tenere più serrata la ruota, ed anche l’uso di un antennino in metallo che ammortizza le tirate senza far slittare la frizione può essere un vantaggio in più. Specialmente utilizzando esche artificiali, anche una velocità di traina leggermente superiore può essere un vantaggio.
Alcuni pescatori usano, per consolidare la presa degli ami, dare uno strappo al terminale della cavedanera o sul trave della molagna (per montature che lavorano in diagonale più distese, con la lenza in verticale sotto la ruota sarebbe praticamente inutile), codesta operazione andrebbe eseguita con prudenza onde evitare di causare una secca rottura del nylon.

La trota di lago va considerata come specie a sè stante?
"L'appartenenza ad una stessa specie della trota fario e della trota di lago è stata sostenuta da molti autori, una delle prove più importanti a favore di questa ipotesi consiste in esperimenti di accrescimento di
trote fario in ambiente lacustre, dove assumono i caratteri di trota di lago". Questo è ciò che viene riportato su di un autorevole testo italiano di ittiologia, insomma come molti esperti già da tempo sostengono con ragionevole certezza, "la regina lacustre dei grandi invasi subalpini non è una semispecie originaria di trota, ma bensì corrisponde ad una forma della fario modificatasi per tutti quei fattori ambientali correlati alla vita in habitat lacuale". In effetti anche trote di altre specie, come ad esempio la marmorata, dopo una lunga permanenza nelle acque di un grande lago, spesso subiscono un processo di "lacustrizzazione", assumendo una slavata e quasi indefinita livrea argentea. Capita quindi che, a breve raggio, si possano incontrare trote dalla livrea completamente diversa, con esemplari schiariti che vivono nel lago, e, a poca distanza, nel piccolo ed impervio riale che si immette nello stesso, fario dai classici colori scuri e pallini rosso fuoco.

E’ vero che spesso la trota lacustre si mette in caccia in momenti ben precisi della giornata?
In alcuni ambienti e periodi sembra proprio che la trota di lago abbia questa particolare abitudine, ed in molti sono pronti a giurare su alcune brevi finestre di attività soprattutto di branchi in orari (diversi da alba e tramonto) sistematicamente ripetitivi ed uguali, quarto d’ora più quarto d’ora meno. Indubbiamente trovare i pesci in attività aiuta parecchio, ma può rivelarsi altrettanto vincente sapere dove essi si trovano, presentando correttamente le nostre esche e facendoli abboccare in momenti di apparente stallo.

E' possibile insidiare il luccio con la molagna?
Nonostante la traina al luccio venga solitamente praticata più frequentemente a trolling con canna o adoperando la tirlindana manuale su aspo (nella foto, vuoi per l'economicità e la semplicità dell'attrezzo che per il poter imprimere facilmente continui strappetti alla lenza, clicca qui per maggiori info sulla tirlindana), la molagna, visto l'innegabile vantaggio di un sistema di recupero più comodo ed efficiente, non è assolutamente da sottovalutare. Ovviamente la lenza non sarà quella con piombo guardiano e braccioli a salire, in questo caso si utilizzerà una sola esca in fondo alla montatura con un finale in nylon da 0.40-0.50 e con la piombatura sia raggruppata (a non meno di 5 mt dall'artificiale), che distribuita sulla lenza (olivette o spiraline di piombo), in poche parole una semplice montatura da tirlindana avvolta su di una ruota, gli svizzeri usano spesso interporre un apposito galleggiante distanziato ad una ventina di metri dal natante. Quello che però conta di più per avere successo in questo tipo di pesca è, dirigendo con perizia l'imbarcazione, il riuscire a tenere l'esca costantemente a contatto con il fondo, utilizzando un artificiale od una piombatura adatti alla situazione e trainando lungo la corona lacuale o nelle zone ritenute proficue a seconda della stagione.

A proposito di catch and release..

Nel caso si voglia restituire la libertà ad una preda, sia che si tratti di catch and release totale che di semplice necessità con esemplari sottomisura, bisognerà assolutamente fare in modo di non arrecare danni al pesce e causargli il minor stress possibile. Basilare la regola di utilizzare ami singoli privi di ardiglione (gli ondulanti sono una tipologia di esche che ben si prestano a queste sostituzioni), o perlomeno schiacciare quelli sulle ancorette quando non conviene sostituirle, ad esempio quelle centrali su minnows piuttosto lunghetti; una volta allamta la preda andrà portata in barca nel minor tempo ragionevole possibile, evitando di salparla sollevandola di peso con la lenza, ma piuttosto utilizzando un guadino e toccandola esclusivamente con le mani bagnate. La slamatura dovrà essere eseguita il più delicatamente possibile e senza forzature, tenendo ben fermo il pesce impedendogli di dibattersi violentemente o di cadere. Le eventuali foto in posa andranno eseguite rapidamente, senza stringere eccessivamente la preda ed evitando di infilare le dita nelle branchie, rimettendola poi in acqua con cura e, se necessario, procedere ad un riossigenamento fino a quando non avrà ripreso le forze per poter riprendere a nuotare senza problemi. Nel catch and release la cosa che conta davvero è il restituire una creatura intatta e vitale al suo ambiente, rilasciare un pesce ferito dopo averlo trattato non adeguatamente, servirà solo in molti casi a provocarne una morte lenta e sofferta. Qualora si voglia trattenere il pescato, i pesci andranno sempre e comunque trattati con rispetto, evitandogli inutili sofferenze.

Prede e dimensioni.
Breve rassegna delle prede con relative dimensioni massime catturabili a molagna e cavedanera; senza comunque farne una regola fissa, è assodato che i colossi della specie, soprattutto in zone soggette ad elevata pressione di pesca, sono spesso "refrattari" agli artificiali, facendosi ingannare più facilmente da esche naturali, sia vive che morte.
-Trota di lago: in passato venivano pescati esemplari oltre i 20 kg (si parla di un pesce record di 32 kg preso nel Ceresio), quasi certamente si trattava di grosse marmorate indigene che in passato regnavano nei grandi laghi e relativi bacini idrici del nord Italia. Al giorno d'oggi girano ancora pezzi da oltre 10 kg, prenderli all'amo risulta difficile, prede di 3-4 kg possono essere già considerate catture soddisfacenti..
-Salmerino alpino: è un pesce che vive a grandi profondità (da 50 ad oltre 100 mt) soprattutto in branchi e caratterizzati da taglie medie sui 25-30 cm, ma alcuni esemplari arrivano a passare i 70 cm con pesi di oltre 4 kg, a molagna vengono talvolta effettuate catture sopra i 60 cm.
-Luccio: i colossi della specie (20-25 kg e molto probabilmente più..), anche se molto meno numerosi che un tempo, fortunatamente nuotano ancora nei nostri laghi, risultando però difficilissimi da catturare. La pesca con classica tirlindana manuale su aspo risulta ancora molto utilizzata e redditizia, le catture che avvengono su cavedanera o molagna con piombo guardiano, sono spesso casuali e "pericolose" vista la mancanza del cavetto sull'esca normalmente destinata ad altri predatori.
-Lucioperca: altra preda molto ambita dai pescatori a traina, raggiunge dimensioni rilevanti con pesi di oltre 10 kg, nel Lago Maggiore ne sono stati catturati, sia con il vivo che con gli artificiali, diversi esemplari prossimi ai 15 kg; conoscendo le zone adatte e pescando bene, catture di 4-5 kg sono nella norma. Viste le sue abitudini di sostare la maggior parte del tempo nei pressi del fondo o cacciare a mezz'acqua, la molagna è un sistema che può dare ottimi risultati.
-Persico: preda per eccellenza del pescatore a tirlindana, il colorato predatore purtroppo però non raggiunge taglie elevate e catture attorno ai 5-6 etti (circa 35 cm) sono già più che soddisfacenti; le dimensioni massime che può raggiungere nei nostri laghi raramente superano i 50 cm di lunghezza ed i 2 chilogrammi di peso.
-Cavedano: può toccare e superare, seppure in rari casi, i 2,5 kg; non sono infrequenti, soprattutto pescando a spinning, capi sui 2 kg. Il simpatico ciprinide, in acque limpide ha un comportamento spesso molto differente ai vari metodi di pesca, facendo impazzire il più esperto dei pescatori al colpo e costringendolo ad utilizzare lenze infinitesimali ed inneschi perfetti per poterlo catturare, finendo talvolta poi per attaccare con decisione minnows di buone dimensioni su nylon di grosso diametro destinati alla marmorata (nella foto un esemplare di circa 58 cm intorno ai 2,5 kg, catturato in aprile nel Ticino sub-lacuale con un artificiale da 10 cm) od al luccio.




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